lunedì 27 ottobre 2008

Il giardino dei ciliegi



1.La vicenda di Ljiubov Andreievna e della sua famiglia, simboli del mondo in dissoluzione della nobiltà terriera, la conoscete tutti. La donna, tornata da Parigi nella propria tenuta di campagna dove ha trascorso l'infanzia, si rende conto di quanto ami questo luogo e di come ogni angolo sia ricco di ricordi. Purtroppo però, a causa dei debiti, la proprietà dev'essere messa all'asta col suo grande giardino di ciliegi in fiore. A nulla valgono, del resto, i consigli dell'ex servo arricchito Lopachin, che insistentemente le suggerisce di tagliare gli alberi, lottizzare il giardino e venderlo ai villeggianti che, dalla città ormai vicina, sono interessati alle vacanze in campagna. Per altro, nessun'altra concreta iniziativa viene presa per salvare la casa. Semplicemente, fra una passeggiata all'aperto lungo il fiume, un ballo e un continuo rifugiarsi nei dolci ricordi del passato, si aspetta che l'asta vada deserta. Alla fine la tenuta sarà acquistata proprio dall'accorto Lopachin, mentre la donna e tutti coloro che la circondano dovranno andarsene..

2.Una regìa di stampo tradizionale pone di solito l'accento sulla crisi di una classe sociale, la nobiltà, e sull'affermarsi di un nuovo ceto più vitale , la borghesia, con il conseguente trasformarsi di mentalità, tema certo presente in Cechov , ma che ormai può dire ben poco alla sensibilità dello spettatore odierno.Ed è per questo che Lavaudant , il regista francese d’avanguardia , ha rappresentato recentemente a Genova il giardino senza ciliegi, senza fiori, senza foglie , senza rami, senza alcuna traccia che evochi una piantagione .Quello che accoglie l'azione è un luogo-o non luogo della mente , una sorta di candida superfice gelata da cui affiorano , come relitti, dei giocattoli meccanici e lo stesso armadio ne emerge come la punta di un iceberg. Negli atti successivi spariscono anche questi scarni riferimenti ambientali e tutta la scena è circondata da astratte tende bianche e spuntano sopra una lastra di ghiaccio figurette sparse e sgomente ciascuna di esse come incapsulata in un comportamento fisso, quasi compulsivo, priva di un' autentica possibilità di comunicare con gli altri e senza alcuna prospettiva di qualsivoglia cambiamento. Tutti i personaggi sono prigionieri di una propria piccola follìa o vaga ossessione.
Nessuno di loro , pur quando sono tutti alla ribalta, ha la capacità di incontrarsi con l'altro, ciascuno rimane come isolato nel proprio microcosmo. Una specie di itinerario della dissoluzione della parola, parola che ha perduto qualsiasi efficacia e non è possibile usare per esprimere qualsiasi sentimento. Siamo su un piano alquanto cerebrale , anche se non forza esplicitamente il testo, nel senso che le parole sono quelle di Cechov, ma ne altera i sottili equilibri poetici.

3.Va sottolineato che l’opera si può fare in diversi modi , in chiave verista, simbolista, metafisica e quindi nessuna sorpresa dalla regià di Lavaudant . C’è stato, in pssato , chi ha visto nel giardino dio stesso , uno e trino, ma va detto che Cechov era ateo. E chi ha definito il giardino il testo chiave della nostra epoca , una sorta di matematica delle futilità. Perchè tutto in questa commedia è convenzionale , banale, stupido,mediocre, inglorioso. Tutto è fatuo, le lacrime di Liubov e la sua storia d'amore , banali i sogni di Ania , irreali le fantasie di Trofimov , banali i discorsi di Gaiev , e banali i sospiri di Flirs. E' banale non solo il vissuto, non solo la mediocrità e la volgarità della vita, ma anche la favola della vita,, anche i sogni che nascono dalla vita. E' banale anche la poesia. Tutti dicono banalità, tutti fuggono da un problema essenziale e tutti sono gente mediocre per la quale Cechov non prova alcuna simpatia , presta a questi personaggi sono la sua impassibile intelligenza della pietà . Ebbene tutta la geometria del giardino, questa incantevole stupidaggine, questa sorta di vaudeville , diventa, non si sa come ,il segno infallibile della presenza e del passaggio della vita , futile nella sua decrepitezza e nella sua rinascita, futile nei suoi inverni e nelle sue primavere. Cechov non è mai autunnale, mai crepuscolare, è gelido e soleggiato , dolce e impassibile.

4.“E' sbagliato – scrisse Cesare Garboli sul Corriere della Sera di trenta anni fa - fare dei suoi personaggi foglie al vento come fa Giorgio Strehler nel suo spettacolo , al Teatro Argentina di Roma, con una Valentina Cortese che riduce Liubov a una vecchia zia svampita , neanche fosse un testo di Tennessee Williams…L’unico punto di forza della rappresentazione di Strehler è stata Monica Guerritore. Brava, non brava, poco importa , pensavo guardandola assonnata , la corta camicina da notte che scopriva gambe infantili e robuste , quanto sia un privilegio, a volte, essere eterosessuale . Sì, l’amore eterosessuale è difficile, costa tante energie; è sempre un’impresa, un viaggio nel buio . Ma si può sempre sognare di portarsi una Monica Guerritore a casa, tenersela stretta per tre , quattro giorni e poi venga pure la morte e avrà i suoi occhi”.

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