1. Ho conosciuto Vittore Fiore , ormai vecchio e malandato , a Gallipoli , dove era nato nel 1920 , ma all’età di quindici anni se ne era allontanato definitavamente per tornare al paese dei suoi avi paterni , Altamura , e qui , terra del sottosviluppo culturale e intellettuale , non faticò molto per mettersi in mostra. Aveva idee e aveva carattere , il celebre padre Tommaso , autore di “ Un popolo di formiche” gli aveva dato in eredità intelligenza, fantasia e una formazione etica rigorosissima , la madre, che era gallipolina , la forza dell’attesa e il coraggio delle tempeste.
2. Aveva gli attributi giusti per diventare un “ capo” e lo diventò presto. Era infatti giovanissimo , appena diciannovenne, quando si affermò non solo come continuatore della “voce paterna” , ma come uomo di lotta , di denuncia dello sfruttamento del sud , senza alcun timore neppure delle conseguenze di natura fisica ( era assai più coraggioso del padre ) e fu subito meridionalista convinto, arrabbiato, incazzato . Seguì lo spirito di altri grandi meridionalisti come Giustino Fortunato, Antonio De Viti de Marco, che erano degli aristocratici , o Compagna e Dorso, professori universitari , senza averne lo stile e la statura intellettuale . Ma Vittore era certamente più poeta e candido di loro e aveva maggiore coraggio fisico e animus pugnandi e con queste armi si impegnò , lottò, denunciò lo sfruttamento del Sud, denunciò il razzismo verso il sud , s’impegnò per la rinascita e lo sviluppo del Mezzogiorno, da attivista , rischiando e pagando in prima persona . Le iniziative , idee, volantini di propaganda erano suoi e per primo andava a distribuirli in giro. Fondò e diresse una rivista politica e di storia del mezzogiorno ( Il nuovo risorgimento) , nonostante avesse appena vent’anni e vi chiamò a offrire il loro contributo gente come Salvemini , Bodini, Flora, Muscetta, Calogero, Capitini , Bauer , Vittorini e Cazzichini.
2. Aveva gli attributi giusti per diventare un “ capo” e lo diventò presto. Era infatti giovanissimo , appena diciannovenne, quando si affermò non solo come continuatore della “voce paterna” , ma come uomo di lotta , di denuncia dello sfruttamento del sud , senza alcun timore neppure delle conseguenze di natura fisica ( era assai più coraggioso del padre ) e fu subito meridionalista convinto, arrabbiato, incazzato . Seguì lo spirito di altri grandi meridionalisti come Giustino Fortunato, Antonio De Viti de Marco, che erano degli aristocratici , o Compagna e Dorso, professori universitari , senza averne lo stile e la statura intellettuale . Ma Vittore era certamente più poeta e candido di loro e aveva maggiore coraggio fisico e animus pugnandi e con queste armi si impegnò , lottò, denunciò lo sfruttamento del Sud, denunciò il razzismo verso il sud , s’impegnò per la rinascita e lo sviluppo del Mezzogiorno, da attivista , rischiando e pagando in prima persona . Le iniziative , idee, volantini di propaganda erano suoi e per primo andava a distribuirli in giro. Fondò e diresse una rivista politica e di storia del mezzogiorno ( Il nuovo risorgimento) , nonostante avesse appena vent’anni e vi chiamò a offrire il loro contributo gente come Salvemini , Bodini, Flora, Muscetta, Calogero, Capitini , Bauer , Vittorini e Cazzichini.
3. Si dedicò con intensità al giornalismo e all’attività letteraria saggistica senza grandi risultati. Rimase essenzialmente poeta, un poeta dicotomico , malinconico e pieno di speranza , ma amareggiato e incazzato, giustamente incazzato.
Collaborò per oltre mezzo secolo con la Gazzetta del Mezzogiorno senza aver mai un proprio spazio. Era un comprimario. I suoi articoli non andavano oltre la pagina locale o provinciale . Rimase sostanzialmente un amatore, un pubblicista sottopagato che contentandosi di poco o nulla, rischiò alal fine di morire di fame e fu costretto a passare gli ultimi anni della sua vita in un pensionato per anziani a spese del Comune. Quando gli assegnarano alla fine la pensione della legge Bacchelli , per meriti culturali, grazie all’interessamento di Norberto Bobbio che lo apprezzava e lo stimava soprattutto come uomo , non fece in tempo neppure a percepire la prima rata. Morì tentando fino alla fine di smuovere il torpore , lo stantìo, il trito, dell’intellighenza pugliese , ma il tutto fu vano.
Collaborò per oltre mezzo secolo con la Gazzetta del Mezzogiorno senza aver mai un proprio spazio. Era un comprimario. I suoi articoli non andavano oltre la pagina locale o provinciale . Rimase sostanzialmente un amatore, un pubblicista sottopagato che contentandosi di poco o nulla, rischiò alal fine di morire di fame e fu costretto a passare gli ultimi anni della sua vita in un pensionato per anziani a spese del Comune. Quando gli assegnarano alla fine la pensione della legge Bacchelli , per meriti culturali, grazie all’interessamento di Norberto Bobbio che lo apprezzava e lo stimava soprattutto come uomo , non fece in tempo neppure a percepire la prima rata. Morì tentando fino alla fine di smuovere il torpore , lo stantìo, il trito, dell’intellighenza pugliese , ma il tutto fu vano.
4. Dai molti libri che ha scritto, di storia, saggistica, poesia , dai molti riconoscimenti che gli sono stati tributati non ricavò niente di concreto . Uno di questi riconoscimento, come accennavo all’inizio , l’ha avuto qui a Gallipoli, da parte dell’Associazione Culturale L’Uomo il Mare. Eravamo sotto le feste di natale , il 18 dicembre 1993, e si svolgeva la 14^ edizione del Concorso Nazionale di Poesia quando Vittore mi fu presentato dall’avvocato Ninì Picciariello, suo compaesano di Altamura. Era un vecchietto malandato nella salute , si muoveva male e a fatica , con il bastone , ma s’indovinava una straordinaria energia nello sguardo azzurro e nel volto assorto, intenso . E quando parlò strabiliò tutti, proprio per questa sua insospettata energia. Disse cose che aveva detto e ridetto mille volte, che non bisogna piangersi addosso, che bisogna darsi da fare, rimboccarsi le maniche , battersi , perdio, senza nessuna paura, farsi da soli , senza assistenzialismi dannosi, senza pietismi arabi . Avere l’orgoglio di essere “ meridionali” per le cose buone che i meridionali sanno fare. Fu vibrante e scosso tutto l’uditorio. Non ricordo chi gli consegnò la targa d’argento L’Uomo e il Mare , ma so che era vergognosamente latitante il Sindaco di Gallipoli , che indisse poi , spudoratamente , un giorno di lutto cittadino, alla sua morte, senza neppure sapere bene chi fosse questo strano personaggio, questo meridionalista, questo utopista , soprattutto questo poeta , e non di poco conto) .
5. Lessi personalmente la motivazione che avevo redatto : “ Per il suo vitale ,strenuo, rigoroso impegno nel recupero di valori appartenenti alla grande tradizione meridionalistica , che ne hanno fatto uno dei protagonisti indiscussi della cultura pugliese del dopoguerra, e per l’inconsumato amore per la sua natìa Gallipoli a cui ha dedicato la poesia della memoria e dell’anima”. E feci leggere, poi, i suoi versi più celebri , per quei pochissimi gallipolini che sapevano di lui.“Ero nato sui mari del tonno / dove lo jonio mostra la sua doclezza/ e all’inverno il suo terribile moto./ E’ allora che il viso dei pescatori/ha la forma del vento/ e fra mare e terra vi e’ un unico spazio”....Gallipoli, un vento azzurro guido’/ me bambino fra le tue case/ fino alla chiesa del mal ladrone.../qui anche l’addolorata ha spade d’argento nel petto/ qui anche a me e’ data la parte di dolore/ ... fu allora che tra bene e male/ conobbi un divario...
6.Il Salento è stato per Fiore innanzi tutto Gallipoli, la sua patria natìa, il vento azzurro di Gallipoli, le sue case bianche e rosa, il Malladrone; ma anche Lecce dove spesso si recava per passare qualche giornata con i suoi amici Bodini , Pagano e il maestro Ciardo ; Lecce , dove quietamente si sfanno obelischi e cattedrali; e Otranto che brucia fra cielo e mare, dove gli approdi sono continui, dove piove l’amore ( ed è stato profetico per quel che è accaduto e sta accadendo a Otranto, la migrazione epocale e la fraterna accoglienza dei popoli salentini) …E poi c’è la murgia arida e petrosa con Altamura e Cassano, investite dal vento amaro che dilaga sui paesi del sud, il sole antico e duro.E le figure umane che popolano il sud: pescatori, braccianti, artigiani, contandini…vivono una condizione di miseria, di dolore, di tristezza….
…sotto questo cielo immoto sino al mare
furono pescatori calcinati/ dal sole e artigiani impietriti
e contadini colore dell’ulivo, /crescono sui loro teschi le citta’,
stanno zitte e hanno un cuore che morde…
Il viso dei pescatori ha la forma del vento…
Puglia, amara palude del sangue,/ malinconica terra che mi uccide
e con te ora porto nel sangue…
Rimane il tempo qui sul litorale/ e il dolore ha radici amare
della mia gente…
Oh, se la mia patria oggi e’ triste / in cento crocicchi al tramonto
accendiamo i falo’… / E’ questa l’ora della pena
nelle piazze che attendono / l’arenarsi dei nomi, della casa…
cosi’ il cuore appassisce ai miei paesi
e lontano dal campo di tabacco / cresce sospesa l’aria della noia….
…sotto questo cielo immoto sino al mare
furono pescatori calcinati/ dal sole e artigiani impietriti
e contadini colore dell’ulivo, /crescono sui loro teschi le citta’,
stanno zitte e hanno un cuore che morde…
Il viso dei pescatori ha la forma del vento…
Puglia, amara palude del sangue,/ malinconica terra che mi uccide
e con te ora porto nel sangue…
Rimane il tempo qui sul litorale/ e il dolore ha radici amare
della mia gente…
Oh, se la mia patria oggi e’ triste / in cento crocicchi al tramonto
accendiamo i falo’… / E’ questa l’ora della pena
nelle piazze che attendono / l’arenarsi dei nomi, della casa…
cosi’ il cuore appassisce ai miei paesi
e lontano dal campo di tabacco / cresce sospesa l’aria della noia….
7. La malinconia dei poeti meridionali forse nasce da un contrasto fondamentale tra l’antica florida civiltà di tutto il meridione e il lungo crepuscolo che ne seguì , di storia oscura di economia misera, di umiliata condizione civile. E la noia è una componente storica dell’anima meridionale , che appartiene a tutti i grandi scrittori e poeti meridionali ( Verga Pirandello Tomasi di Lampedusa, Brancati, De Roberto, Alvaro, Quasimodo, Sinisgalli, Bodini, ecc) …Il Sud , per molti di questi scrittori, diventa a volte una metafora del male di vivere. E così è in Fiore.
…E trovo lieti sogni e infinita/ la pena che quieta passa/
nel mio sangue…/sara’ forse questo tedio il lievito
/ del futuro…./Tu non credere all’uggia come un male
ma il vuoto che nutre goccia a goccia/ la speranza…
le cose che ci prendono , tristezza / di esilii non tentati, di mute/
antiche pietre…./ perche’ dalla noia abbiamo imparato a salvarci con la noia,
dal vuoto col vuoto, e’ vano negarlo.
Per reagire a questa condizione negativa di frustrazione, di noia, e anche per superare la solitudine , non c’è allora che la rivolta, l’unione con i più deboli, una partecipazione alla loro quotidiana vicenda di sofferenza e di fatica.
Ottobre , vento amaro , nelle citta’/ e nelle paludi avete veduto,
nelle piccole case sui porti…
Quartiere nei tuoi occhi passa/di gente segreta e di mare,
spesso l’eco di un sole che non muore…
I giorni, i mesi non posso contare/che sono fermi qui, su questa piazza,
a loro non chiedete di parlare, /vieni compagno, non venire solo….
L’impassibile cielo ti ricordo, /un treno , un treno verde e lento
e poi la calma di un tramonto sordo/sotto il grande , il grande cielo pugliese…
Qui i miei amici sono frenatori/ e parlano con i ponti e gli uliveti…
Ci uniremo gli uni agli altri/ nelle scure piazze per non patire
il vento colore del grano…
I giorni , i mesi non posso contare/che sono fermi qui , su questa piazza,
a loro non chiedere di parlare, vieni, compagno, non venire solo…
Ecco che Fiore quasi improvvisamente scopre il compagno, il fratello, tanti compagni, tanti fratelli e tutta la sua poesia trova naturalmente la sua strada maestra, che è quella dell’ impegno civile. E in questa direzione di coralità, di sentita partecipazione alle pene degli altri, in questa presa di coscienza dei problemi, degli errori, delle illusioni ,in questa dimensione Fiore scopre un luogo , che non è solo dello spirito , ma di una più avvertite coscienza civile e politica, dove è possibile far rinascere o costruire la speranza….
…E trovo lieti sogni e infinita/ la pena che quieta passa/
nel mio sangue…/sara’ forse questo tedio il lievito
/ del futuro…./Tu non credere all’uggia come un male
ma il vuoto che nutre goccia a goccia/ la speranza…
le cose che ci prendono , tristezza / di esilii non tentati, di mute/
antiche pietre…./ perche’ dalla noia abbiamo imparato a salvarci con la noia,
dal vuoto col vuoto, e’ vano negarlo.
Per reagire a questa condizione negativa di frustrazione, di noia, e anche per superare la solitudine , non c’è allora che la rivolta, l’unione con i più deboli, una partecipazione alla loro quotidiana vicenda di sofferenza e di fatica.
Ottobre , vento amaro , nelle citta’/ e nelle paludi avete veduto,
nelle piccole case sui porti…
Quartiere nei tuoi occhi passa/di gente segreta e di mare,
spesso l’eco di un sole che non muore…
I giorni, i mesi non posso contare/che sono fermi qui, su questa piazza,
a loro non chiedete di parlare, /vieni compagno, non venire solo….
L’impassibile cielo ti ricordo, /un treno , un treno verde e lento
e poi la calma di un tramonto sordo/sotto il grande , il grande cielo pugliese…
Qui i miei amici sono frenatori/ e parlano con i ponti e gli uliveti…
Ci uniremo gli uni agli altri/ nelle scure piazze per non patire
il vento colore del grano…
I giorni , i mesi non posso contare/che sono fermi qui , su questa piazza,
a loro non chiedere di parlare, vieni, compagno, non venire solo…
Ecco che Fiore quasi improvvisamente scopre il compagno, il fratello, tanti compagni, tanti fratelli e tutta la sua poesia trova naturalmente la sua strada maestra, che è quella dell’ impegno civile. E in questa direzione di coralità, di sentita partecipazione alle pene degli altri, in questa presa di coscienza dei problemi, degli errori, delle illusioni ,in questa dimensione Fiore scopre un luogo , che non è solo dello spirito , ma di una più avvertite coscienza civile e politica, dove è possibile far rinascere o costruire la speranza….
8.La poesia di Fiore ora si trova a mezzastrada tra ermetismo e neorealismo, e tale rimarrà fino all’ultimo, ma quel che conta , quel che è veramente importante è che Fiore ha trovato la sua strada per una poesia autenticamente civile:
I compagni: ricordo il loro viso,/qualche volta s’attaccano al mio cuore,
mi ricordano le grandi piazze/scure del sud, una storia di sangue,
e penso a cio’ che furono per me /a cio’ che oggi non sono.
Uscirete dai campi, dai paesi, /dalle miniere alla luce
un giorno: allora non saro’ piu’ solo/se questo amore mi fara’ innocente.
Torneremo alle grandi speranze,/ tra i caldi greti dei fiumi
in mezzo alla nostra terra/ sacra all’acqua e all’amore…
Suoneranno i miei passi accanto a voi
allora che i vinti si uniranno ai vinti/ sull’antica terra del sud.
E dara’ nuovi canti questo amore
e dara’ voce al maturar del giorno/ il respiro del vento che ora tace.
I compagni: ricordo il loro viso,/qualche volta s’attaccano al mio cuore,
mi ricordano le grandi piazze/scure del sud, una storia di sangue,
e penso a cio’ che furono per me /a cio’ che oggi non sono.
Uscirete dai campi, dai paesi, /dalle miniere alla luce
un giorno: allora non saro’ piu’ solo/se questo amore mi fara’ innocente.
Torneremo alle grandi speranze,/ tra i caldi greti dei fiumi
in mezzo alla nostra terra/ sacra all’acqua e all’amore…
Suoneranno i miei passi accanto a voi
allora che i vinti si uniranno ai vinti/ sull’antica terra del sud.
E dara’ nuovi canti questo amore
e dara’ voce al maturar del giorno/ il respiro del vento che ora tace.
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