lunedì 20 ottobre 2008

Arturo Esposito e il Simposio delle Muse




1.Dovrei parlarvi della poetica di Arturo Esposito , della sua straordinaria capacità di saper essere antico e moderno , allo stesso tempo , con riferimenti culti e certe risonanze interiori , ancestrali , quella sua tendenza epigrammatica che richiama i Penna e i De Libero, o quel suo saper creare , nella tensione alla parola assoluta , quella liquida levità dei materiali che compongono il verso, l’aerea , nitida e luminosa musicalità della parola , alla maniera quasimodiana , con aloni che risanno ora di ermetismo , ora di surrealismo. Ma c’è dentro di lui anche un Leopardi, un Kavafis, il primo Montale.

2.La sua poesia si dirama in diverse direzioni , ma trova la propria originalità e dimensione nella rappresentazione del paesaggio, un paesaggio che si fa si forma dentro di lui e diventa una sorta di primo mattino del mondo da lui rivisitato , riesplorato , un paesaggio arcaico e senza tempo , in cui registra le attese , le emozioni , le speranze ,forse i segreti del futuro , un paesaggio in cui riflette i colori dell’intero arco di spaziotempo che vi è sotteso, tempo che si fa eternità. Egli è rapito dalle stesse sue immagini . Come Rimbaud sembra voler dire: io notavo l’inesprimibile, io fissavo il turbine e non potevo più parlare.
Arturo h a scritto versi di una bellezza assoluta, che possono stare al pari dei massimi poeti, versi che non stanno in questo libro, l’ha scritti guardando da una terrazza il suo mare natio, il mare del Golfo di Sorrento, incastonato tra le montagne “Il mare travalica il finito. /La contemplazione dell'essere diventa mistero. / Il confronto, atto di fede”.

3.Scrive Mario Esposito, prefetto della repubblica , fratello amatissimo di Arturo, che ha ricordato questi suoi versi in occasione del primo anniversario della sua morte , che Arturo era sì un poeta, un intellettuale, ma soprattutto un uomo che amava la sua vita, fatta di versi, di amici, di tavole imbandite, così come fa il contadino con i suoi campi, il marinaio con il fraseggio di spuma del suo mare. Per lui quel premio che aveva fondato , Il Simposio delle Muse, era uno stato d’animo. Era la vita.

4.Ed è vero, verissimo. Lo posso testimoniare , avendo partecipato a diverse edizioni dei suoi favolosi , festosi e fastosi premi letterari , che erano dei veri e propri happening culturali , con una straordinaria incredibile cornice di pubblico e un parterre di primissimo ordine , con personaggi di grande spessore del mondo della cultura e dello spettacolo, attori, cantanti , intellettuali , poeti di grande fama come Raboni e la Spaziani , tanto per fare due soli nomi . In mezzo a questa profusione di grandi personalità che vede abitualmente impegnate una decina di professori universitari , facenti parte della Giuria , televisioni locali e nazionali , e una grande ricchezza e varietà di argomenti di carattere sociale e culturale, Arturo , il grande, inimitabile Arturo , era capace di far sentire tutti importanti e protagonisti , non trascurando nessuno , neppure i moscerini , con il suo carattere dolcemente tenace e la sua arte di farsi ora concerto, sinfonia , ora molla, batteria, vigile urbano che dirige il traffico impazzito , o dama di consolazione, a seconda della bisogna, sempre con grandissima fatica , - il suo sforzo immane avrebbe fatto secco tre uomini , mi dice qualcuno , ma era la sua grande carica di entusiasmo che funzionava da pila atomica e gli dava quell’incredibile energia nervosa , la grande sincera gioia del cuore , una costante festa dello spirito che tutto lo pervadeva , l’amicizia, la fraternità, il sentimento di pace, l’amore , unico, che metteva nel fare queste cose.

5.Ecco così doveva essere la poesia nell’antica Grecia, diceva Arturo, una specie di grande festa , la celebrazione dello spirito dell’uomo , della bellezza della natura , un banchetto che durava ore e ore, giorni e giorni, a cui tutti partecipavano , senza alcuna distinzione di casta o classe sociale. Ed era quel tipo di poesia , quel farsi dono collettivo della poesia, farsi carne , la cosa a cui lui maggiormente aspirava e riusciva a realizzare con il suo premio.
E non a caso , nella prefazione al libro , lo chiamo l’uomo dei simposi, la parte nobile del banchetto, il canto, la poesia, il dialogo. Arturo era un uomo civilissimo, colto , cordiale, pieno di grazia e gentilezza, di palpiti e sospiri , ma anche di bonaria ironia, di sogni, di fantasticherie , che aveva spiccato il senso del gioco , della rappresentazione scenica. Era un ragazzo che insegue i propri errori fatali , con tempie ancora ribollenti di passione , e gli occhi pieni di gioia di vivere.
Dice ancora meglio di me suo fratello Mario : “ Arturo era un saggio bambino che dipingeva importanti scenari culturali e sociali provando, però, l'emozione primordiale di chi gioca con la tavolozza dei colori”.

6.Ma lui era soprattutto un poeta, e non perché scrivesse versi. Ci sono moltissimi che scrivono versi , ma non sono e non saranno mai poeti . Arturo poeta nell’animo, nello spirito, nell’angolazione con cui guardava le cose , nelle emozioni che in lui suscitavano le cose meravigliose del mondo , nella nostalgica malinconia della bellezza perduta , per ciò che avrebbe voluto essere e n on era , e che forse era stato nelle sue vite anteriori ; Arturo era poeta dentro di sé e lo sarebbe comunque rimasto anche se non avesse scritto neppure un verso. La poesia – diceva Carrieri – non si fa, la poesia siamo noi, quello che avremmo voluto essere e non siamo. “ Alla malora le carte / cartigli e scartoffie/ …E’ follia, follia, restare chiuso in un calamaio/ come la seppia nel mare / che fa macchie d’angoscia e le sparpaglia”

7.Ma in realtà Arturo era anche uno scriba totale , a trecento sessanta gradi capace di scrivere di tutto e su qualsiasi cosa, sui tovaglioli di carta, sulla carta della spesa, sulle scatole di cerini, sui ritagli bianchi dei giornali. Spesso se ne stava con i suoi pensieri nudi e liberi , con le sue emozioni , a contatto con la natura, il mare , che amava moltissimo e ha descritto in centinaia di poesie sempre cambiando gli accordi , i registri , la musica , perché conosceva perfettamente la tecnica, la metrica , la rima, pur preferendo il verso libero. Gli piaceva talora andarsene a zonzo , sedere sulla pietra glabra caotica e rocciosa del Salento , come una “nuvola pensosa” , o accarezzare il fondo campestre , osservare il volo della vespa solitaria e gli sfilacciati sentieri , ascoltare la sinfonia della mosche , o il coro assordante delle cicale , aspirare il profumo del mirto , lasciarsi invadere dal fragore dei papaveri rosse e delle margherite di campo . “ La poesia non è scrivania / e tanto meno carta…La poesia è in alto e anche in basso/ dove crescono semi/ fiumi e vermi”.La poesia per lui che veniva da Sorrento , terra meravigliosa dei grandi poeti e dei grandi cantanti , la terra di Torquato Tasso e dei Caruso , era divenuta in primis la faccia del Salento , che amava profondamente, follemente : ”Vorrei abbracciarti ancora,/o mio Salento,/ per scavare nella tua terra operosa,/ tra le contrade, tra i giardini assolati,/ vicino alle tremule acque azzurrine/ e leggere, così, note antiche di canti; /leggere e spaziare, poi, con l’anima / nei paesaggi d’incanto ( vds. pag.23.).

8.Il Salento per lui erano in particolare due dimore , Tuglie , dov’erano i suoi grandi fraterni amici , Antonio e Mimina , e Gallipoli , con il suo mare greco. Il Salento è stato per lui “ un’avventura verso l’infinito” . Il mare di Gallipoli , quel mare vetro fuso che riverbera sul bianco della città, in quell’atmosfera onirica, gli dava – leopardianamente - il senso di infinito con “gli annunci dell’oro di sole…/le geometrie di vele / che hanno attraversato secoli, / le navi che hanno solcato/ onde d’oriente, onde d’occidente , onde che “non gemono”, ma sono “fuochi bianchi di mare acceso”

9.Fuochi bianchi di mare acceso, verso bellissimo , ma quei fuochi Arturo li ha inseguiti davvero , come si inseguono le nuvole o le stelle , come si insegue un sogno ad occhi aperti , e chissà forse l’ha raggiunti quei fuochi, che erano un volto , una mano gentile, un melograno , una bandiera svolazzante . .Mistero… Anche a noi capita talvolta di guardare così le cose , con l’occhio infantile, trasognato, con l’occhio del poeta che guarda e vede le cose che non dovrebbero esserci, le cose che non ci sono per gli altri , che passano in fretta in fretta , e dicono sognatore, visionario, folle al poeta , che forse è l’unico che sa vedere la realtà vera delle cose e il loro transito . Che è il vero profeta dei nostri tempi. E allora così potremmo salutare Arturo Esposito , il nostro poeta , coi versi profetici di un altro poeta, il suo amico milanese Giovanni Raboni, che fu l’ultimo e il più grande dei premiati dall’ideatore-fondatore del Simposio delle Muse , in occasione dell’ultimo concorso a cui Arturo partecipò. E noi davanti agli occhi non avremo che la calma distesa del passato/ a ripassare senza fretta / fermando ogni tanto l’immaginazione ,/ tornando un po’ indietro , ogni tanto/ per capire meglio qualcosa, / per assaporare un volto, un vestito…un albero antico”

Tuglie, 11 ottobre 2008 Augusto Benemeglio

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