1.Quante vite tremende abbiamo conosciuto di creature sensibili e creative , prendete la vita di Holderlin vagabondo per le strade del mondo, o chiuso nella sua torre sul fiume; prendete Baudelaire , paralizzato, cieco ad un occhio, senza denti , che articola a fatica “Bonjour Monseur”; e Verlaine tra i rifiuti di Parigi ; Rimbaud mercante d’armi nel deserto che muore per una cancrena alla gamba, assistito dalla sorella ; la Marina Cvetaeva , disprezzata perfino dal figlio, che sale su una seggiola , getta una corda sopra una trave e s’impicca in una stalla. Maria Sole , la protagonista del romanzo “La stanza del castigo” di Elisabetta Mori ,non è una scrittrice , né un’artista , ma ha tutte le caratteristiche delle persone dotate di grande sensibilità e creatività ed è quindi fragile e desolata , con un destino fatale.
2.In lei tutto arde come un vulcano ed è profondo come il vuoto , tutte le sensazionii e gli impulsi , i lamenti e le estasi , hanno una risonanza , una eco che viene da lontano , ma non lo sa, non è consapevole , vive la sua vita , o vorrebbe vivere la sua vita come una persona normale, da piccola borghese single , in un’aurea mediocratas .
Non sa ancora che tutto, ma proprio tutto ciò che le ruota intorno, perfino gli alberi e la luce , sono proiezioni del suo io.
Non sa ancora che tutto, ma proprio tutto ciò che le ruota intorno, perfino gli alberi e la luce , sono proiezioni del suo io.
3.Un romanzo , quello della Mori , che apparentemente ricalca le orme di una delle tante storie che riguardano la depressione e il rapporto conflittuale madre-figlia,che viene narrato in forma piana , con un suo ritmo da clarinetto , che talvolta si fa più grave , da archi , diciamo , con qualche contrappunto di violini, qualche sussurro di flauto , ma nessun trombone o grancassa , un libro sotto certi aspetti labirintico , con risvolti alla Poe, almeno per quanto concerne quella capacità di indagine del mondo del mistero e della paura che è dentro di noi ; un libro con una tematica esplicitamente dichiarata fin dalla copertina ( il particolare di una casa salentina, col suo balcone , i suoi mignani e i pomodori secchi appesi)e dal titolo che, appunto rievoca ,i racconti neri di Poe , la stanza del castigo, ovvero(vds.pag.110):la stanza più interna della masseria dove mia madre ci teneva chiusi un quarto d’ora a sera ogni volta che avevamo disobbedito.
4.Un libro che è un viaggio, come tutti i libri , del resto , da Omero in poi, un viaggio che la protagonista, Maria Sole, compie nel suo passato , nelle ombre lunghe dei ricordi ,soprattutto nel rapporto conflittuale con la madre , che richiama subito alla mente, se non altro per associazione d’idee, “La coscienza di Zeno” di Svevo e il “Male oscuro” di Giuseppe Berto. La nevrosi, in questo caso, si scatena nella protagonista, Maria Sole , prima ancora della morte della madre , quando è costretta ad interrompere gli studi per andare a lavorare e aiutare la famiglia.La madre Violante le dice che deve andare a fare l’aiutante di segreteria di un notaio(pag.57)."Serravo gli occhi mentre ascoltavo quelle parole: Violante non poteva obbligarmi, non poteva allontanarmi dalla meta per la quale avevo lottato e molto lavorato". Poi le crisi si ripetono , dopo la morte della madre, quando tutto sembra tranquillo e sistemato, alla vigilia del matrimonio , e ogni volta è una lunga penosa angosciosa risalita, le conseguenze e gli effetti sono devastanti. Anche in questo romanzo , come negli illustri precedenti citati , la psicanalisi tenta di dare una risposta , un volto e un nome a ogni cosa , alle paure , agli incubi , al senso di panico , alle fobie che paralizzano la protagonista, e sembra averla identificata nel rapporto con la madre, ma non è così. Gli spettri , i fantasmi o i demoni che s’affollano nella mente di Maria Sole hanno un’altra matrice. Come disse Novalis, anticipando Freud e la psicanalisi: “Dentro di noi , o in nessun altro luogo, stanno i regni dell’eternità,il passato e il futuro”.
5.Dicevamo dei riferimenti illustri del male oscuro , ma ce n’è uno assai più recente, “Liberaci dal male oscuro” , saggio del sociologo Giovanni A. Cassano , di cui parla la stessa autrice in un’intervista:Mi dissero che quel libro rappresentava la "summa theologia" sui disturbi d'ansia, depressione e attacchi di panico, viste dalla prospettiva dello studioso e del medico che cura e guarisce questo tipo di malattie. Inutile chiedere ad Elisabetta Mori quanto ci sia di autobiografico, nel personaggio del romanzo .Da Flaubert in poi ( Madame Bovary sono io) è una domanda retorica. Ogni scrittore è sempre autobiografico, anche quando, come in questo caso , la scrittrice si pone in una sorta di distacco, super partes, dalla vicenda narrata.
6.Questo, dicevamo , è un viaggio che Maria Sole , per dirla con la Yourcenar, compie all’interno della “propria prigione “,un viaggio nella psiche , che è memoria che conserva un passato profondo, assoluto , originario,oscuro, una sorta di discesa nel mondo degli inferi , un percorso sofferto tormentato , con l’io che si dibatte in una lotta disperata con i propri fantasmi e demoni che conduce nella parte più profonda della psiche , verso il confronto con l’altro da sé, rifiutato e rimosso.
7.In questo viaggio la protagonista è accompagnata da una teoria di analisti, la dottoressa Demetra , il vecchio dottore , il dottor Tobia e il dottor Eugenio che fa da secondo io narrante, ma in realtà ogni volta che entra in crisi e viene colta da dolori sconosciuti che annientano le sue forze , incubi,attirata in un vortice oscuro, invasa e soggiogata dal sentimento dell’inutilità della sua esistenza , si trova da sola a lottare contro gli spettri. Dopo la morte della madre ,orma itrentenne , si trasferisce a Roma , insegnante in una scuola di periferia, e la sua vita sembra scorrere sui binari della assoluta normalita e apparente serenità , una sorta di aurea mediocritas in cui vive una single trentacinquenne. In realtà si porta dietro un mucchio di cose : i muretti a secco, i pomodori secchi e le viti nane ,le processioni, le pizziche , i monaci che volano, i morti che vanno a Leuca con il cappello in testa e le sagne , tutto un patrimonio di ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza vissuta nel Salento , insieme alla costante paura di aver paura , che l’aggrediscono in modo devastante , impedendole di operare e vivere ;ritorna – sempre - l’ombra tenace e silente della madre amata-odiata , e quasi la nostalgia della stanza del castigo. Ma non è – come abbiamo detto , la durezza della madre la radice del suo oscuro male.
8.Nel romanzo quella figura campeggia a tutto tondo ,è il personaggio più solido e convincente , ma e ne sono altri con altre ombre e luci di ricordi , altre storie in chiaroscuro che confluiscono in modo avvolgente e coinvolgente ( il diario di Tonio , il fratello morto di Maria Sole , che ci riporta negli anni di piombo , i temi della emancipazione femminile e del misticismo accennati nelle storie delle amiche Fulvia e Sara , ma anche nella zia Giacinta , nella figura ambigua di Amelia , contraltare e sirena ammaliatrice della madre , c’è Guido ,il suo fidanzato , troppo idealizzato, troppo perfetto per essere reale ; ci sono , larvatamente accennati , i temi dell’ immigrazione e della globalizzazione visti in una sorta di convivialità delle differenze , come nel caso dei fratelli gemelli che vivono in America , c’è il tentativo di stupro di Angelo , che parrebbe poi la radice del male oscuro, la figura fortemente elegiaca , nostalgica, del padre , Enrico , precocemente scomparso e il ritrovamento del suo libro che parla di un personaggio fascinoso e straordinario, sua madre , ovvero la nonna di Maria Sole, Soledad ,c’è l’intervento finale della vecchia maga o strega Nassisa, che ha risvolti romanzeschi. C’è in realtà tutto un patrimonio genetico e archetipico – rivelazione dell’inconscio – che Maria Sole non conosce e che le verrà rivelato solo nel finale.
9.“Capii in un attimo quando avevano trovato alloggio nella mia psiche i fantasmi e capii anche qual era lo spettro più prepotente e duro da scacciare: la paura di affrontare i giorni uno dopo l’altro , che si era insinuata in me con la perdita della protezione da parte di mio padre, della sua guida e della maestria nell’insegnarmi la vita. .Mi resi conto che …l’amore è un dio dalle molteplici facce…”(vds. Pag.123).C’è nel libro quel patrimonio che Jung chiamava inconscio collettivo , che appartiene a tutti noi , che è in noi , che s’incarna in noi , e che c’informa e ci limita ,ma non ci esime dalle nostre responsabilità. Gli archetipi propongono, l’uomo dispone, soprattutto se è diventato consapevole delle proprie potenzialità , anche questo ci vuole dire il romanzo di Elisabetta Mori.
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