sabato 4 ottobre 2008

Luigi Sansò, poeta-sindaco gallipolino




1.Celebrammo Luigi Sansò nel 1991 , in occasione del primo centenario dalla nascita, e in quella circostanza intestammo a lui la nuova sezione del concorso di poesia l’uomo e il mare : il “Premio Luigi Sansò , poesia in vernacolo salentino”, giunto alla 13^ edizione. “La sua esistenza terrena” – scrive Gianni Caridi nel suo libro biografico “ Luigi Sansò, Sindaco Poeta ”, Stefanelli , 1985, – “finì com’era nel suo stile . Morì silenziosamente , appartato , schivo, quasi di nascosto , in una fredda sera del 10 marzo 1963. Aveva settantadue anni e amava profondamente la vita”.

2. Ricordiamo il suo intelletto così vivo , acuto , profondo , tagliente come una spada ,ma soprattutto la saggezza del cuore , quel suo grande umile cuore che trovava le cose cercate dall’intelletto . Ricordiamo il pensatore immaginoso , l’umanista insigne, l’uomo dalla vasta e profonda cultura , il latinista che insegno’ per molti anni nel Liceo Quinto Ennio di Gallipoli , ma soprattutto il “maestro di vita” , severo critico di sé stesso, primo censore dei suoi lavori , l’uomo che non gettava mai a caso le parole , che spesso facevano breccia nel cuore della gente più umile, l’uomo che trovò sempre spazio per l’amore.


3.Ricordiamo i suoi racconti e le sue liriche , che hanno il ritmo , la cadenza , la levità di una morbida musica controllata , una classica chiarità fisica , ma soprattutto “L’Idrusa”, un poema , il suo capolavoro, in cui l’emozione e la commozione per un mucchio di immagini infrante e dimenticate dalla grande storia - la tragedia di Otranto e la pietà per gli ottocento martiri della fede , - lo spingono quasi alla corrispondenza oggettiva , a illuminare e far rifulgere una pagina viva e drammatica della storia , facendo ricorso unicamente ad una indecifrata visione del “sogno più alto” , che è quello della poesia ,della magia e della potenza misteriosa del linguaggio poetico che è capace di captare la non udibile musica del sogno solo con parole che frantumano. E’ davvero un peccato che un poema tragico ed epico come “L’Idrusa” che è patrimonio di Gallipoli, del Salento e della Puglia , di tutti noi , sia rimasto coperto da una spessa patina di polvere . Forse è il momento che venga rispolverato e degnamente rappresentato, per una festa dell’arte e della poesia , che traboccava in lui , così come la bellezza , l’utopia , l’illusione che sempre l’accompagnano. “Se un poeta non può illudere , se un poeta non costruisce – anche il più pessimista - un avvenire di fede , speranza e bellezza , non è più poeta” , diceva Leopardi , e Th. Mann , quasi di riflesso : “ Anche l’opera più disperata non puo’ avere come sostanza ultima altro che l’ottimismo , la fede nella vita : anche la disperazione reca già in se stessa la trascendenza della speranza” .


4.Luigi Sansò fu anche Sindaco di Gallipoli e lo fece davvero il Sindaco , preoccupandosi molto della propria coscienza e dei bisogni della cittadinanza , più che dell’opinione dei notabili, (peraltro , non amava essere riverito e celebrato dai lacchè di turno, né la retorica del tempo) e ciò non gli giovò davvero. Quel suo atteggiamento di costante severa, asciutta onestà che gli fece apporre dei cartelli tipo “ Non chiedete favori o raccomandazioni al Sindaco” , o “ Siate puntuali, rispettate l’orario d’Ufficio” - in un paese anarchico come Gallipoli - , gli alienò molte simpatie e voti da parte del Consiglio Comunale , ma lui tirò dritto per la sua stata , assumendosi il peso politico , morale e spirituale delle proprie decisioni , senza tentennamenti , pur nelle mille difficoltà e nell’assoluta carenza di fondi, strutture e appoggi , cercando di perseguere il bene della sua città e della popolazione , dei gallipolini , che conosceva ad uno ad uno e considerava tutti fratelli, figli o padri.

5.E padre lo fu in modo straordinario, rigoroso e pieno di insegnamenti , ma anche di affettuosa sensibilità, premure e attenzioni nei riguardi dell’unica figlia, Teresa.
“La sua nascita” - scrive Gianni Caridi - “avvenne il 12 luglio 1891 , nel centro storico di Gallipoli, sullo Scoglio, in una casa antica sita in via De Tomasi, al numero civico 30…”
Quindi, gallipolino purissimo , e fiero di essere figlio di questa terra intrisa di sale greco e di barocco, ma completamente diverso dal cliché del meridionale , salentino e gallipolino in particolare: era riservato , ordinato, preciso, rigoroso , potremmo dire “ tedesco “ se non fosse stato così profondamente italiano nell’animo , anche se non amò mai la retorica dannunziana né quella fascista . Il suo motto era “ famiglia e lavoro”, i due pilastri su cui si fondava ( e si fonda) la società . E ciò lo pose al riparo da qualsiasi tentazione, delusione , amarezza , cattiveria , dolore , sentimenti che hanno sempre una buona circolazione tra gli esseri umani…Riuscì a non venir meno ai propri principi e al dettato della sua coscienza : una vita è ben spesa se dedicata agli altri, all’amore per gli altri… E poi c’era la poesia , la sua oasi, lo “scamuzzulo”, la via di fuga , il mistero e la rivelazione.

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