1.Un omaggio a Fellini nel decimo anniversario dalla sua morte ,avvenuta il 31 ottobre 1993, un omaggio ad un genio che i francesi dissero parente di Moliere , Balzac, Daumier, Goya e Pagnol e George Simenon , classificò come poeta maledetto ( “è un Villon o un Baudelaire , un Van Gogh, o Edgard Allan Poe …nei suoi film dietro le risa c’è la morte”) . E c’è chi , come Luciano De Crescenzo , lo ho posto addirittura davanti a Gesù e Socrate … Esagerati?…
Forse sì. Ma una cosa è certa. Nessuno come Fellini ha rappresentato il costume italiano ,a livello internazionale , per almeno un trentennio, dagli anni ’50 agli anni ‘80 .
2.Ci sono legioni di adoratori di Fellini sparsi in tutto il mondo , basta sintonizzarsi sui siti internet , per verificarlo. Questi fans estremi si suddividono in diverse categorie: i fellinizzanti, i felliniani , i fellinisti, i fellinologi , una sorta di organico con possibilità di carriera…nel segno del mito di Fellini. Ma parlare della vita di Fellini significa in buona sostanza parlare dei suoi film che appartengono , nolenti o volenti , al patrimonio del nostro paese. Certe scene poi sono frasi visive di così rara sorprendente e misteriosa perfezione da divenire parte viva della nostra memoria…. Alberto Sordi che , ne “I vitelloni” , fa manichetto ai lavoratori della strada ; la scena della Ekberg nella Fontana di Trevi , nella “Dolce vita” , una Venere vikinga che sembra nascere dalle cascate di quella fontana che oggi vogliono far visitare solo a pagamento, o il Mastroianni nell’harem di “Otto e mezzo” ; la sfida tra tenori e soprano nella sala macchine de “E la nave va” ; il bordello infernale del “Satyricon” ; Il Casanova che copula con un manichino ; e poi il trio di donne che hanno immortalato la Masina: la Gelsomina de “La strada” , la Cabiria delle “Notti di Cabiria” , la Giulietta in “Giulietta degli spiriti” , e il girotondo che chiude “Otto e mezzo” ; e poi le straordinarie musiche di Rota che riascolteremo e tutta la serie di mostri felliniani, i nanetti , le ciccione pettorute, le donne-cannone , le sarghine , le tabaccaie , i clown , i gobbi , gli ultracentenari … Ma ancor prima di tutto ciò, il giovane Fellini provinciale riminese che viene a Roma e diventa umorista e caricaturista del Marc Aurelio che sfotteva senza riguardo il vate del futurismo , Marinetti, o la presunta impotenza sessuale del poeta dialettale romanesco Trilussa, o il comico Petrolini che per reazione devastò gli uffici del giornale; e il Fellini “imboscato” che le studiò tutte per non fare il servizio militare…s’inventò una tachicardia e il morbo di Basedow…falsificò i documenti…. E da imboscato , in piena occupazione nazista , si rivelò un grande attore sfuggendo all’arresto dei tedeschi, fingendosi amico di un Ufficiale della Whermarcht …E poi il Fellini aiuto regista di Rossellini che gira una scena in cui è protagonista Totò e non sapendo come chiamarlo gli viene spontaneo dire “principe De Curtis”, come lo chiamano tutte le maestranze e Totò gli risponde benevolmente: ”Mi potete chiamare Antonio…”
3.E poi il Fellini divertito dei Vitelloni, il “cinico che ha fede in quel che fa” , l’esistenzialista malinconico nel Bidone, il poeta suburbano delle “Notti di Cabiria” , il favolista de “La strada”, il rivoluzionario del costume della “Dolce vita” , l’onirico di “Otto e mezzo” , il profeta de “ E la nave va” che anticipa se vogliamo , in qualche modo , l’11 settembre , col terrorismo slavo che genera il naufragio e una piccola apocalisse. Ma anche l’amico scherzoso che risponde al telefono fingendo di essere la servetta di casa Fellini…”il dottore non g’è”. Insomma ce ne sono mille di Fellini ed è difficile sceglierne uno solo…Ma l’ultimo Fellini, quello che io ho conosciuto casualmente all’aeroporto di Venezia, nel 1991, due anni prima della morte , e con cui ho brevemente conversato , m’era sembrato …un uomo stanco che meditava sulla morte e diceva : “ Guardare la luce della luna è per i mortali la cosa più dolce, il resto è niente”. E rileggeva Leopardi corteggiando la morte… Questo è il senso del suo ultimo film, “La voce della luna ”, realizzato l’anno prima.
4.Dentro di sé c’era forse ancora il “fanciullino pascoliano” , un clown triste e malinconico. alla ricerca del mistero della morte e del silenzio , quel silenzio
che abbiamo perduto per sempre. Anche la luna fa la pubblicità…Visse per il cinema , senza nessun altro vero interesse che fosse quello della celluloide, il suo lavoro coincideva con la sua “ vera” essenza, la sua vera esistenza. E in effetti il cinema è quello che risolse una delle contraddizioni della complessa personalità del Fellini giovane , perché riuscì a conciliare il suo perenne bisogno di fuga verso un altrove qualsiasi con l’ imperativo etico di mettersi al servizio di un’ impresa firmata.
Insomma l’importante per lui era eludere gli obblighi familiari e sociali, il servizio di leva, il senso del dovere , l’amor di patria , ecc. ecc., per cercare di seguire la propria vocazione e realizzare se stesso.
che abbiamo perduto per sempre. Anche la luna fa la pubblicità…Visse per il cinema , senza nessun altro vero interesse che fosse quello della celluloide, il suo lavoro coincideva con la sua “ vera” essenza, la sua vera esistenza. E in effetti il cinema è quello che risolse una delle contraddizioni della complessa personalità del Fellini giovane , perché riuscì a conciliare il suo perenne bisogno di fuga verso un altrove qualsiasi con l’ imperativo etico di mettersi al servizio di un’ impresa firmata.
Insomma l’importante per lui era eludere gli obblighi familiari e sociali, il servizio di leva, il senso del dovere , l’amor di patria , ecc. ecc., per cercare di seguire la propria vocazione e realizzare se stesso.
5.Fin da giovanissimo studente marinava la scuola per non costringersi a prendere le cose sul serio ; sentiva il bisogno di fuggire da tutto ciò che fosse serio o impegnato , fuggire da tutto nella corsa verso una meta liberamente scelta da lui , senza costrizioni e per far questo. Ovviamente dovette fuggire , in primis , da Rimini , la città in cui era nato e in cui aveva vissuto l’infanzia e l’adolescenza , e poi s’inventò poi un sacco di bugie su questa fuga,
romanzandola , facendone ( appunto) un film. “Sì, sono riminese , ma non riminese bugiardo.. pensare a Rimini per me è come pensare ad un parola fatta di aste e di soldatini in fila…Rimini e un pastrocchio confuso, pauroso, tenero, con questo grande respiro ,questo vuoto aperto del mare . Rimini è il mare di inverno, le creste bianche, il gran vento.. vi dico la verità, io a Rimini non torno volentieri. E’ una sorta di blocco che mi prende qui, allo stomaco perché per me Rimini e la dimensione della memoria , una memoria tra l’altro inventata , adulterata, manomessa su cui ho speculato tanto forse fin troppo….Mi dicono che sono bugiardo, un fregnacciaro , ma la verità è che le più grandi bugie su di me le hanno raccontate gli altri.
romanzandola , facendone ( appunto) un film. “Sì, sono riminese , ma non riminese bugiardo.. pensare a Rimini per me è come pensare ad un parola fatta di aste e di soldatini in fila…Rimini e un pastrocchio confuso, pauroso, tenero, con questo grande respiro ,questo vuoto aperto del mare . Rimini è il mare di inverno, le creste bianche, il gran vento.. vi dico la verità, io a Rimini non torno volentieri. E’ una sorta di blocco che mi prende qui, allo stomaco perché per me Rimini e la dimensione della memoria , una memoria tra l’altro inventata , adulterata, manomessa su cui ho speculato tanto forse fin troppo….Mi dicono che sono bugiardo, un fregnacciaro , ma la verità è che le più grandi bugie su di me le hanno raccontate gli altri.
6.In realtà c’è tutta una letteratura , una mitologia sulle bugie , le fregnacce di Fellini: la sua nascita sul treno è una fregnaccia , perché quel giorno , il 20 gennaio 1920 , in cui Federico nacque ci fu uno sciopero dei treni che durò diversi giorni ! ; poi mitica la fuga con il circo dei clowns , descritta nel film “ I clowns” , quando aveva sette anni, è un’altra fregnaccia . In realtà si trattò di una scappatella di qualche ora e fu più smarrimento che fuga . Infatti lo ritrovarono piangente perché la verità è che …aveva paura dei clown . Infine il viaggio da Rimini a Roma , di cui si accenna nel finale dei “Vitelloni” ( Moraldo alla fine parte ) e soprattutto nell’”Intervista” , con il giovane e imbranato Federico che va alla ventura , in cerca di gloria, nella mecca di Cinecittà , intento ad intervistare la “ diva” del momento. Niente vero, fu la madre Ida che volle ritornare nella sua città natìa , Roma, e far studiare il figlio all’Università, cosa che non fece limitandosi alla sola iscrizione alla facoltà di giurisprudenza. Insomma , un’altra, l’ennesima fregnaccia . E’ per questo che a Roma tutti i suoi amici e conoscenti lo avevano ribattezzato Federico “er fregnacciaro”.
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