mercoledì 26 novembre 2008

Nicola Apollonio in dieci segmenti



1. Il rito stregonesco del menabò.

Fare titoli. Rivedere bozze. Cercare immagini. Con la speranza di un giusto tono ( epico drammatico grottesco o leggero che sia) , e di una giusta luce, e di una giusta coesione , come uno spettacolo teatrale fatto di lettere e figurine. Si può attuare qualunque accorgimento , qualunque artificio per ovviare alle deficienze strutturali , alla povertà di mezzi, alle stanchezze , alla crisi di volontà. Si possono fare astute rabberciature nella camera alchemica dei colori e delle immagini , rappezzature, cuciture sui cigli estremi di un improbabile anacoluto , tesi alle suture microscopiche di un avverbio o un aggettivo. Questo è il segreto del rito stregonesco del menabò di una rivista che si chiama “Espresso Sud”, a cui il direttore-ideatore- fondatore-editore Nicola Apollonio non si sottrae, purché si arrivi all’osso dell’osso , cioè alla verità, nuda e cruda, per quanto scomoda essa possa essere.


2. Viene direttamente dalle stelle.

E lui lo è , personaggio scomodo, criticato e criticabile , ma senza dubbio “personaggio”, uno che non si scrive mai addosso , che fa economia di parole , le pesa, le dà un tono, un colore, un calore, una valenza; uno che ha molto pudore di sé, dei propri sentimenti, dei propri pensieri, della propria privacy , e che allo stesso tempo non esita a farsi paladino in nome della “ libertà delle idee e della lotta contro i soprusi”. Anche se a primo acchito riflette un’immagine scanzonata, polemica , anticonformista, vagamente bohemien , tutto ironia , dadi , donne e taverne , in realtà è un fine aristocratico , è uno – disse un amico comune – “che viene direttamente dalle stelle”. Come tutti noi del resto . Infatti, per fare un uomo di media corporatura ( lui è decisamente superiore alla media , col suo metro e novanta e i suoi 120 Kg) ci vogliono 15 chili di carbonio, 4 di azoto, uno di calcio, mezzo chilo di zolfo e di fosforo , 200 grammi di sodio , 150 di potassio e di cloro , quattro secchi d’acqua , e una quindicina di altri elementi in dosi minime . Di questi elementi chimici , il Big Ben che diede origine all’universo generò soltanto l’idrogeno , tutti gli altri si sono formati nel cuore delle stelle. Ecco perché il nostro legame con il cosmo è più intimo di quanto di solito si creda.

3. La tensione alla comunicazione

Ma per tornare sulla terra e per cercare di conoscere almeno un po’ il nostro direttore ( non conosciamo mai del tutto una persona, c’è sempre il famoso… buco nero, il nostro lato oscuro) basta , in fondo, andare a rileggersi quel suo romanzo-reportage, quasi interamente autobiografico, che è “La città dell’anima” ( Espresso sud , 2001) “che ha - scrive il suo amico Vittorio Feltri - l’andamento di certi pensieri notturni. Quando ci si specchia dentro la propria memoria e ci si sente turbati dal male che siamo stati capaci di fare e di sopportare. Palpitano in molte pagine i crimini che lo Stato lascia accadere senza opporre resistenza.”
Crimini che Nicola ha sempre denunciato, da trent’anni a questa parte , con implacabile puntualità, per la sua tensione nel voler comunicare la notizia , che è propria di ogni giornalista che si rispetti, ma anche , - scrive la Lady di Ferro, Adriana Poli Bortone , sindaca di quella “città dell’anima” che è Lecce - “per quella sana curiosità e interesse intellettuale di chi vuole approfondire le tematiche più rilevanti del dibattito politico-sociale salentino”. C’è in lui quella “tensione a comunicare, - scrive Feltri con la consueta ironia - non dirò un ideale , che è una parola troppo grossa, e nemmeno un’idea, che è pur sempre una esagerazione, ma almeno mezza notizia e mezza opinione , quello sì…”

4. Chi salverà il meridione?
E per quella mezza notizia da comunicare , Nicola aveva fatto un lungo faticoso tirocinio nelle redazioni , e poi man mano gli era piaciuto , s’era preso una bella cotta , che ancora perdura , per quel mestiere strano del giornalista , che non sai mai esattamente cos’è, che ti devi sempre reinventare , giorno dopo giorno , che è “ sempre meglio che lavorare” , che è pieno di rischi ma anche di fascino. E dopo vent’anni di avventure in mezzo mondo , ora gli toccava il filo spinato, il lager che era divenuto il Salento. Ora sapeva che non si sarebbe mai più mosso dalla sua terra, per “ contribuire sensibilmente alla rinascita di una città …che si andava piegando sotto i colpi di una politica schizofrenica e di una malavita organizzata che le stava togliendo finanche il respiro (pag. 165).
E così decide di accettare l’offerta della “Gazzetta del Mezzogiorno” e, contemporaneamente , di fondare e dirigere uno di quei periodici locali destinati a durare poco , con pochi mezzi economici , ma svincolati dal potere, soprattutto liberi e “ decisi a risvegliare le coscienze e a farle riflettere sui cambiamenti che stavano interessando la società italiana e che nel Salento, invece, venivano sottaciuti o addirittura contrabbandati come atti di vandalismo politico e sociale ( pag. 182).
Aveva conosciuto e dialogato con i maggiori personaggi del suo tempo, Moro, Fanfani Berlinguer , Almirante, Andreotti , Agnelli, Quasimodo, Montale, Montanelli , Gassman Sordi Fellini, Codacci Pisanelli , era amico di De Giuseppe, Pellegrino, Bonea, Leone De Castris , Urso , Costa, Letta, Feltri , da cui ultimo traspariva, senza posa, l’essere arrivati al capolinea, il non esserci più salvezza per il giornalismo , se non dire la pura e semplice verità , a costo di lasciarci il posto. Anche lui andava diritto per la tangente , eludeva i limiti, ma non ignorava le strettoie di una generazione che aveva fatto dell’inciucio la propria idealità , e della poltrona il proprio credo. Poi si era fermato all’annoso interrogativo, che lo perseguitava da sempre , fin da ragazzo agiato, di buona famiglia borghese . Era un rimorso, un tarlo della coscienza che dovrebbe toccare tutti i meridionali di buona volontà :“Chi salverà il meridione ?
Il miraggio della new economy? Non certo l’ignobile trovata dei lavori socialmente utili , e i politici meridionali, ancorati al potere, come sempre, attraverso l’assistenzialismo e le pensioni di invalidità fasulle . Il sud è condannato ad essere sud , con tutti i suoi guai e le sue disperazioni . Serve solo come serbatoio di voti a buon mercato”

5. Nulla nasce dal nulla.

Così aveva scritto in uno dei tanti suoi editoriali su “Espresso Sud” , la rivista che aveva portato avanti passo dopo passo , sacrificio dopo sacrificio ,(dirà Nicola che è stata “ un’esperienza così complessa che diventa persino difficile da raccontare . Ma il destino ha voluto che il miracolo si compisse“) , fino a raggiungere livelli di assoluta dignità nazionale per contenuti e veste editoriale . Ma “nulla nasce dal nulla , e nulla senza travaglio diede mai la vita”, gli aveva fatto eco Ninì Quarta, ex presidente della Regione Puglia, citando Orazio. ”Sei stato riformista per scelta editoriale. Ma conservatore per necessità, di fronte al nuovo ( al nulla ndr ) che non c’è. Tu sei la dimostrazione esemplare che non mancano gli uomini che scrivono da uomini liberi , per non dover vivere tutta la vita in ginocchio” E ciò nonostante le iniziative qui al sud siano più difficili che altrove perché – aggiunge De Giuseppe – “c’è una immobilizzante massoneria di mediocri che scoraggia tentativi e entusiasmi , con critiche spesso ingiustificate e ingenerose…”
Quella passione , quell’entusiasmo , insieme ad una critica pungente e coraggiosa nell’affrontare problemi sociali senza preconcetti e senza scendere a compromessi , senza mai allontanarsi dagli scopi prefissi, che avevano evidenziato Crucillà e l’arcivescovo Ruppi , che gli dice: il futuro del Salento dipende da uomini come te che con fatica combattono contro l’indifferentismo culturale e l’apatia etico-sociale. E lo incita a perseverare nel trattare temi quali “lo sviluppo turistico, l’occupazione operaia, la tenuta e la stabilità della famiglia , la valorizzazione dei beni culturali, il rispetto delle tradizioni religiose proprie delle nostre popolazioni , valori immensi da salvaguardare e rilanciare con l’impegno di tutti ,appello che tu non hai mancato di fare ora stimolando i pigri, ora fustigando gli empi , ora suscitando dibattiti su problemi e programmi”.

6. Ricordi romani

Nicola è ormai nella storia del giornalismo salentino, “quello di destra”, dice qualcuno che sta dall’altra parte. Sì, è schierato a destra, ma in modo leale, schietto, onesto, senza fare mai il saltafossi , o il voltagabbana. Ma non è comunque uno che si esalti per gli elogi , i premi, le attestazioni di stima. E’ un piacere effimero. Ne fa un falò di sorrisi ironici e divertiti.
Del resto ha sempre detestato i fanatici, le melo-checche , le esagerazioni E’ sempre stato un coacervo, un crocicchio di sentenze provocatorie , di battute salaci, ma anche di lotte e di scontri. E nonostante il suo lunghissimo stato di servizio , quando parla di servizio non è mai pedante, mai professorale, anzi esattamente il contrario : gioca con se stesso e la propria ironia , talora può diventare sardonico , ma è anche pieno di specchi mascherati , di tic involontari, di depressioni improvvise , di cadute nella malinconia. Non sogna la luna . I suoi piedi sono ben radicati su quella terra che lo ha visto nascere , di cui ha vivo il senso, il gusto forte , dolce e amaro , delle cose che vi si trovano , terra ancora non del tutto globalizzata , per certi versi edenica ( se vai in certi posti del Capo non ti meraviglieresti di veder spuntare , tra le viti basse e ramate , e gli ulivi , un novello Gesù Cristo coi suoi discepoli) . Ma allo stesso tempo conosce bene anche i gangli del potere , e le sue memorie di Palazzo sono ancora zeppe di nomi, date, ricordi, aneddoti , teatrini vissuti nella lunga stagione romana …( il giovane Nicola aveva disinvoltura, charme , agilità, nonostante la sua mole da obelisco d’Amba Aradam , che gli faceva impaccio) Io non parlo mai di me, sono gli altri che devono cantare , ma non è vero. In realtà è un chiacchierone , parla , parla e parla accanitamente di sé, probabilmente senza accorgersene, perché è l’amicizia gli fa velo . Ma l’amicizia è anche questo , rispecchiarsi nel mercurio pulito della stima , e dell’affetto reciproco, della complicità, anche dopo aver passato una serata stravagante o folle. E tutto ciò fra noi due non è mai venuto meno , in oltre dieci anni di collaborazione. Anzi, se possibile, il legame si è rafforzato, è cresciuto. Nicola sa essere – quando vuole - prodigiosamente plastico nel mettere in prospettiva , in scena i ricordi , gli aneddoti, le gag , sa farli sbalzare , quasi come un racconto stereoscopico.
“Fu in quella grassa umidità delle notti invernali vicino al Tevere , quando la nostalgia ti trafigge come una punta di succhiello , che incontrai Fellini ravvolto in una sciarpa rossa infinita da parer vestito solo di quella : sai , Fellini con quella vocetta da checchina riminese , e il viso bianco , dilatato e disfatto che andava come a smarrirsi nella capigliatura in tempesta , già con un forte indizio di alopecia …”

7. La storia mi è venuta a cercare

La Sacra Corona Unita e il doppio binario , gli scippi , furti , rapine ,lo spaccio di droga e i voltagabbana , i pifferai , il ducetto di Traviano e l’Anas , il canone della Rai e l’attacco al prefetto che soccorre i più forti , i cacciatori di poltrone all’assalto della diligenza di Forza Italia , la sindrome di Stehndal e il turismo che non avanza , il primo ministro del Circolo della vela , D’Alema, e tutte le promesse mancate , le bare bianche del sabato sera e l’ euro del paghi due e prendi uno , i posti separati di Trenitalia e la balena bianca della Dc , il crocifisso indifeso e l’inquinamento del territorio ma anche delle coscienze , il botto della Parmalat e della Cirio e l’ineffabile Katia Ricciarelli dala voce perduta , l’attentato di Madrid e Fabrizio Quattrocchi, la morte di papa Woityla e la strage della Grottella , “un ponte ideale tra cronaca e storia” dice Fabrizio Cavilli

In oltre 30 anni di Espresso Sud , non c’è un argomento, una cosa, un aggettivo, una parola che non abbia scandagliato , il nostro aristocratico direttore , Apollonio , un greco alessandrino , di pelle olivastra , trapiantato in Aradeo, tempio e castello dei propri avi più prossimi. Ma lui ribatte:
“ Non c’è alcuna nobiltà che possa accettare se non l’addensarsi della storia” . E la storia più recente l’ha vista faccia a faccia , l’ha vissuta con i propri occhi, come inviato a Cuba o in Vietnam, e nel sud-est asiatico all’epoca dei grandi giochi contrapposti tra russi e americani ; o nel Golfo Persico e nel medio oriente all’epoca della caccia al petrolio…Finchè “la storia non è venuta a cercarmi direttamente in casa mia , nel Salento, con la Sacra Corona Unita , la “vucciria” , i massacri, il terrore , gli sbarchi degli albanesi , curdi, pakistani , le mille e mille fughe verso il Salento e la Puglia, arco di pace, terra dell’accoglienza e del sincretismo religioso.
E poi la cronaca , drammatica, ma più spesso grottesca, del nostro beneamato stivale, e di noi salentini ( di nascita o d’elezione) che siamo il tacco dello stivale, e dobbiamo calpestare tutti i rifiuti possibili. E poi i balletti politici, il gioco delle parti, la logica del potere. “Sono una specie di vecchio cameriere del teatro delle marionette, sono stanco, vorrei riposare. Lasciatemi qui, a Santa Maria al Bagno, dove un tempo i neretini portavano l’icona della Madonna a prendere i bagni”

8. Il Salento repubblica della banane e l’impazienza

Con Nicola , che non è più il buontempone della cravatta e della camicia al volo da Hamilton, o dei merluzzi sfiatati al mercato del pesce , della risata larga e ammiccante, che non fuma più, che non beve , si scivola sempre più frequentemente nella penombra della malinconia , e dello scetticismo. (Nulla cambierà: i ricchi saranno sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri”) , o verso luci indistinte, lontane, che strizzano l’occhio all’ottimismo o all’utopia , dove la Puglia si profila come la California italiana e il Salento Regione Autonoma? Una repubblica delle banane! “Basta che un solo uomo sia irrazionale perché altri lo siano . e perché lo sia l’universo. La storia universale abbonda di conferme “. Lo rivedo proiettare la sua lunga ombra sui marciapiedi del Corso , dove vede sfilare , sculettante , una top femmina mozzafiato , con tutti i crismi , le giuste misure , l’olezzo, il fascino stereoscopico . Nicola non lesina la sua viva ammirazione: complimenti , signorina! Grazie, molto gentile . Nicola l’ha già radiografata , registrata nella sua centralina menmonica . State pur tranquilli che la ritroverà, e la conquisterà, con l’occhio vivo saraceno, la voce suadente , profonda e oceanica , il sorriso aperto , che maschera la nervosa attesa, e quell’impazienza che lo uccide , che diventa sempre più panica ( ricordati, amico, che abbiamo perso il paradiso per impazienza) , che gli fa perdere incontri decisivi , promesse di finanziamenti…tessere di sopravvivenza. Ha l’occhio perso ormai che naviga verso pericolosi mari di malinconia. Ma basta una parola, un’idea, un quadro di Suppressa , il Mondrian salentino, per accenderlo di entusiasmi antichi. E’ attraversato da pensieri e lampi teatrali, quasi incatramato in uno strano incantesimo, la gioia fisica di toccare i ricordi, di ritrovare gli amici-fantasma , di rivivere la vita, che è prerogativa precipua degli umanisti. ”Ma io non sono umanista, non capisco un cazzo di poesia e di letteratura”.


9. L’inchiostro è finito

E’ un animale esigente che vuole a lungo nutrire la sua rivista , la sua creatura , con il meglio che c’è. Ed è per questo che s’incazza terribilmente quando sente parlarne con approssimazione, quasi una divagazione dello spirito. “Continuerò finché non m’accorgerò che l’inchiostro si è seccato , che l’inchiostro è finito . Allora dirò basta. La farò sopprimere, questa rivista, come si fa con le bestie a cui si vuole bene. Non serve scrivere soltanto per farsi delle pippe mentali , non ha senso. E pure sono in tanti a farlo nel nostro grande paese “.
Lo vedo impaziente, insofferente, ha paura di annoiarsi, come tutti i nevrotici…” Non si sa perché uno, all’improvviso, pur continuando a scrivere pensa di aver smesso definitivamente di scrivere , io non voglio arrivare a quella fase di automatismo , non voglio essere una telescrivente
che non sa fare altro che battere i tasti. Ma capita che un giorno ti passi la voglia di scrivere , perché scrivere non serve a nulla, anzi peggio: serve a lasciare tracce di te , quando preferiresti non esserci mai stato …Passano uno , due giorni e non hai preso ancora la penna, poi qualche settimana, poi qualche mese, e allora capisci di aver chiuso una fase della tua vita. E allora capisci di aver chiuso questa fase della tua vita. Forse ce ne sarà un’altra. Forse. Una cosa però è certa. Non vivremo mai più delle emozioni così scintillanti , degli autentici divertimenti , impagabili, caro amico . Mai più, ci pensi?
Ma quel tempo ancora deve venire. Torniamo indietro nel tempo , al tempo dei tuoi dubbi amletici. Rimanere o non rimanere nel Salento ?

10. Una nuova umanità.

Si dice che la diffidenza dell’uomo del Sud è nata da secoli di incomprensioni fra cittadino e stato , da Istituzioni che hanno sempre promesso e quasi sempre sono venute meno agli impegni. Una cosa è certa: i pugliesi non sono gli ultimi arrivati , hanno fatto grande Milano ,la metropoli delle nebbie , gli dice l’amico Feltri. Gli uomini del Sud, messi alla prova, hanno dimostrato che sono in grado di fare cose straordinarie , eccezionali, anche nel loro territorio. Basta decidersi a farle. E’ vero. Ma bisogna essere audaci, bisogna saper cambiare... Le motivazioni ci sono tutte . La decisione è presa ed è ferma. Nicola Apollonio rimarrà per sempre nella sua terra. C’è ancora spazio per un sogno premonitore, un sogno incerto , un sogno di mare, pianure e scimitarre saracene , ombre che lo inseguono, fin sotto la torre costiera, dove si è rifugiato col cavallo sudato, le ossa fradice di salnitro. Si risveglia, si domanda se è ferito o morto. Si chiede se continueranno a inseguirlo gli stregoni che un giorno hanno maledetto il suo nome , e hanno giurato il suo male sotto la luna di Aradeo...Ma non è nulla, nulla; è solo il freddo , il vuoto, il vento ghiaccio . E’ il dolore sordo per la perdita di un fratello, sangue di sangue; il ricordo delle sue sofferenze e quella notte di lemuri e di larve che assillano tutti i defunti , che indagano i nostri infiniti sogni addormentati dimenticati cancellati, che misurano tutti i perimetri degli astri e le lunghe barbe degli indovini che predicono sotto le finestre delle sua casa...Si sveglia di soprassalto, arriva a Santa Caterina di Nardò , sosta nella piazzetta dove c’è l’unico bar, con un cameriere assonnato, una ragazza sorridente , un pescatore di sardine e un cagnolino vagabondo. E’ questa la nuova umanità da cui ricominciare, gli dice una voce, la voce di speranza che aspettava. E’ una voce che viene da lontano, dalla grande croce di ferro sulla collina della piccola località di mare. E’ la voce di Don Tonino Bello. Il pretino di Alessano.
E lì vicino , a poche centinaia di metri , ci siamo ritrovati trent’anni dopo, il mio direttore ed io , come in un punto di fuga della memoria, un crocevia del tempo e lui contraddicendo il suo proverbiale cinismo (che è poi realismo a ben vedere) comincia a farsi sentimentale ( ma non so dire quanto sarcasmo e autoironia ci sia nelle sue parole) , e a dire che questi son posti dove vorresti venire a starci , a vivere per sempre:“Mi prendo un appartamento , magari non proprio sulla strada , e guardo dalla finestra il transito infinito delle cose.”E’ uno di quei posti – dico io - dove sarebbe bello andarci anche a morire, così appartati, quieti, discreti, in silenzio, con quella specie d’aria rosata che ti piove in faccia . E’ qui che ti rendi conto che il big ben , il grande scoppio iniziale, - come disse Eusebio Montale - non dette origine a nulla di concreto, una spruzzaglia di pianeti e stelle, qualche fiammifero acceso nell’eterno buio…e ciack, si gira. Tutto qui?
“ La verità è nei rosicchiamenti /delle tarne e dei topi/, /nella polvere ch’esce da cassettoni ammuffiti/ e nelle croste dei ‘grana’ stagionati./ La verità è la sedimentazione , il ristagno , non la logorrea schifa dei dialettici.”…E vabbè, - mi fa Nicola in tralice - torniamo a lavorare…o meglio a fare i giornalisti, che è sempre meglio che lavorare”.

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